lunedì 22 febbraio 2010

adesso, qualche pensiero.

Sono qui a scrivere, è inevitabile: le impressioni così come dice il nome stesso si imprimono.
Milano è alienante. Voglio più cielo, più sole, più alberi. Le cose che qui mancano.
Mi ritrovo seduta su un marciapiede di notte a guardare il riflesso di un furgoncino bianco in una pozzanghera. Le auto che sfrecciano. O a fissare per lunghi minuti la fiamma di una candela ponendole domande come fosse un oracolo o una manifestazione divina.
Ma non risponde. Come mai non risponde?

Ascolto i discorsi delle altre persone, osservo. Da qualunque parte dell'universo io sia arrivata, nel posto in cui stavo prima sicuramente c'era una popolazione ad oralità primaria. La parola è così importante per me che dev'essere usata con parsimonia.
La parola è sacra.
Le parole sono davvero sacre, quando sono con te. Per questo non ce ne sono mai.


Milano è alienante. Ci sono giorni che mi ritrovo a cercare cucchiaini nel freezer, a dire frasi senza senso, ad avere le allucinazioni.
Poi ci sono altri giorni.
Ci sono giorni in cui mi metto sotto le coperte felice, estasiata da un'attesa che non ha mai fine. Poi c'è un giorno in cui mi rintano nel letto della mia amica, con la testa evidentemente da un'altra parte. Sognante. Un giorno in cui si fanno confidenze, a luce accesa e televisione spenta, non il contrario.

La mattina mi sveglio presto, la stanza puzza di fumo. Mi lavo la faccia, giro da sola in una casa che non è la mia. Mi piace svegliarmi prima di tutti e preparare il caffè con la matita colata sotto agli occhi. Mi piace la luce sommessa e delicata della mattina e il rumore del caffè che sale dentro la moka mentre io sfoglio il catalogo 2010 dell'ikea.
C'è un latente desiderio profondo di avere una casa tutta mia. Scegliere i mobili. Pulire la cucina. Forse sto solo crescendo.
Cresco anche mentre faccio la strada verso casa, coi vestiti del giorno prima e lo spazzolino da denti che sbuca dalla borsa. Nella testa rimbalzano le frasi dei libri di Baricco, Milano che puzza, la canzone del pane. L'aria è fredda e mi sento strana.
Alienata. Ma in fondo che importanza ha?
Mi sento che se anche non so da quanto non vedo più il cielo nè le stelle, io in un cielo ci sto già volando. Fluttuo.
They will see us waving from such great heights.

1 commento:

David Chance Fragale ha detto...

non sapevo bene dove scriverti per ringraziarti della disponibilità che hai dato a me e ad Eta per il video dell'AVIS che, come saprai, non ha riscosso il successo che volevamo...ho deciso di farlo su questo post perchè non c'erano ancora commenti, ma più che altro perchè le cose che scrivi, soprattutto le ultime, quelle inerenti al bisogno di una casa propria, di un luogo tutto per sè, e dell'alienazione che scaturisce dal mondo esterno, sono cose che comprendo bene.
Milano può essere dura, indifferente, sterile, ma l'arte del vagabondaggio può farla riscoprire...anche la lettura di "Specie di spazi" di Perec può aiutare. o una bella derìve, verso i punti della mappa dove sono disegnati draghi e leoni...

grazie ancora. ciao.