martedì 15 dicembre 2009

Questa non è una colazione

C'è come un tacito accordo tra le persone e il mondo in cui vivono, si stabiliscono regole di interpretazione, agli oggetti vengono attribuiti significati convenzionali, che ne delimitino l'uso e l'esistenza, cosicché non possano scappare fuori da un limite di sicurezza, e sciogliersi in una ambiguità pluridirezionale.

Una porta è una porta, solo per una decisione concorde, che crea una catena di significati di superficie.

Ma se ci si ferma qualche attimo in più, se si lascia che la patina di regole d'utilizzo della realtà si faccia inconsistente, allora si guarda la porta, la si riguarda, la si chiama per nome, ma senza che questo abbia un senso.
Ci si accorge che è solo un suono ciò che si pronuncia, non l'oggetto stesso, e si individua lo spazio incolmabile che separa la realtà dalla sua riproduzione, dall'interpretazione che di essa facciamo costantemente.
Non guardiamo mai effettivamente la realtà, ma il legame che si instaura tra essa e noi osservatori, il senso che le diamo, l'uso che ne facciamo, ne determina la tangibilità, la verità, l'esistenza stessa.

Ma se un folle si ferma e riconosce che il senso della realtà è dato da una decisione arbitraria e non assoluta, che un oggetto è tale solo per quella decisione, allora è svincolato dalle chiavi di interpretazione; osserverà ciò che ha davanti senza ricordarsi a cosa serve.










Foto dal set di un piccolo cortometraggio realizato da me e Giulia Trincardi per un progetto scolastico.
Prossimamente il video.

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