martedì 6 ottobre 2009

Far Away.


(clicca sulla foto per vederla meglio)

Avrebbe poco senso analizzare gli anni di vuoto che seguirono. Anche se alcuni fatti pertinenti vanno sottolineati, l'impressione generale che desidero trasmettere è quella di un portello laterale che si spalanchi mentre la vita è in pieno volo, e di una raffica di tempo nero e ruggente che soffochi col suo vento sferzante il grido di una catastrofe solitaria.
Mi coprii la faccia con la mano e piansi le lacrime più cocenti che avessi mai versato. Le sentii serpeggiare tra le dita e giù per il mento, e scottarmi, e mi si chiuse il naso, e non riuscivo più a smettere, e poi lei mi toccò il polso. "Se mi tocchio muoio" dissi.
E mi accorsi con stupore, mentre le mie ginocchia di automa andavano su e giù, che non sapevo proprio nulla della mente del mio tesoro, e che probabilmente, dietro gli atroci clichè giovanili, c'era in lei un giardino e un crepuscolo, e la cancellata di un palazzo - regioni velate e adorabili a me lucidamente e assolutamente proibite; giacchè notavo spesso che in un mondo di male assoluto, ci coglieva spesso uno strano imbarazzo quando io cercavo di affrontare un argomento di cui avrebbero potuto parlare lei e un'amica più grande, lei e un genitore, lei e un innamorato vero e sano.
Io ti amavo. Je t'amais, je t'amais!
E c'erano momenti in cui sapevo come ti sentivi, e saperlo era l'inferno, piccola mia.

Lolita, A. Nabokov

[ISO 80, t=1/60, f/3,5, piccola postproduzione in adobe photoshop]

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