
(clicca sulla foto per vederla meglio)
Avrebbe poco senso analizzare gli anni di vuoto che seguirono. Anche se alcuni fatti pertinenti vanno sottolineati, l'impressione generale che desidero trasmettere è quella di un portello laterale che si spalanchi mentre la vita è in pieno volo, e di una raffica di tempo nero e ruggente che soffochi col suo vento sferzante il grido di una catastrofe solitaria.
Mi coprii la faccia con la mano e piansi le lacrime più cocenti che avessi mai versato. Le sentii serpeggiare tra le dita e giù per il mento, e scottarmi, e mi si chiuse il naso, e non riuscivo più a smettere, e poi lei mi toccò il polso. "Se mi tocchio muoio" dissi.
E mi accorsi con stupore, mentre le mie ginocchia di automa andavano su e giù, che non sapevo proprio nulla della mente del mio tesoro, e che probabilmente, dietro gli atroci clichè giovanili, c'era in lei un giardino e un crepuscolo, e la cancellata di un palazzo - regioni velate e adorabili a me lucidamente e assolutamente proibite; giacchè notavo spesso che in un mondo di male assoluto, ci coglieva spesso uno strano imbarazzo quando io cercavo di affrontare un argomento di cui avrebbero potuto parlare lei e un'amica più grande, lei e un genitore, lei e un innamorato vero e sano.
Io ti amavo. Je t'amais, je t'amais!
E c'erano momenti in cui sapevo come ti sentivi, e saperlo era l'inferno, piccola mia.
Lolita, A. Nabokov
[ISO 80, t=1/60, f/3,5, piccola postproduzione in adobe photoshop]
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